bio

Quando frequentavo la scuola Scuola Politecnica di Design a Milano avevo un corso di studi che sia chiamava “colore”.

Potete immaginare un nome più e più evocativo per una materia scolastica?

Studiavamo tutto quello che riguardava i colori dal punto di vista chimico, e soprattutto le relazioni che li legavano, i rapporti di complementarità e gli equilibri.

Il mio professore mi diceva che avevo un dono per i colori, che avevo scelto la scuola sbagliata, secondo lui mi sarei dovuta iscrivere all’Accademia di Belle Arti. In realtà dopo tutti questi anni, guardando i miei lavori, credo proprio che invece sia stata la scelta giusta.

Ho lavorato in molti studi di grafica a Milano e Livorno e posso dire con certezza che il graphic design è la sintesi perfetta tra contenuto e contenitore.

Quando ho deciso di avventurarmi, molti anni fa, nel mondo della decorazione, mi sono portata dietro questa esperienza fondamentale per la mia formazione. Nei miei lavori (che lo si veda o meno) c’è sempre un motivo, una ricerca. Forse è da questo background che nasce la mia passione, quasi maniacale, per le calligrafie e soprattutto per le calligrafie orientali: segno grafico, espressione artistica, contenitore di significato, meravigliosi segni che raccontano storie e esprimono pensieri.

Ho avuto modo di collaborare ad alcune scenografie e questo mi ha permesso di mettermi a contatto con la materia, la tridimensionalità, preziosissima integrazione del mio bagaglio professionale.

Qualcuno ha detto che i creativi non dovrebbero avere altra biografia che i propri lavori, credo che sia una verità assoluta per quelli che come me si muovono nel mondo dell’arte.

Questo approccio al lavoro e alla progettazione hanno fatto si che le collaborazioni con architetti e arredatori fossero sempre proficue.

Ascoltare le idee di altre persone e dargli forma attraverso un’elaborazione personale è una sfida che mi ha sempre intrigata.

Gli spazi e gli oggetti per me sono un modo
per dare voce e concretezza all’astrazione